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venerdì 16 maggio 2014

Muriel e Adrien - Parte seconda

Hogarth - La carriera del libertino - Il manicomio
di Bèatrice Alaix

Il fuoco che non è alimentato si spegne: di lì a qualche tempo il trasporto per Adrien é sbiadito, non solo non l’ho più visto, lo considero inarrivabile e le infatuazioni, in questo caso, hanno la consistenza di un miraggio. Mi sono scordata di lui nell’attimo in cui i medici mi hanno sottoposto la decisione di operare Charles alla valvola mitrale. Due sono le cose che ci sconvolgono di più: il sesso come scintilla di vita e il lutto come sua fine. Tra questa incudine e martello, si rischia il corto circuito, forse il trasporto per Adrien era nato proprio dal balenare del polo opposto: l’idea che un amore arrivasse al capolinea, attraverso la scoperta della vulnerabilità di Charles. Nel pomeriggio uscita di casa, percorro le viuzze affollate del Marais per raggiungere la metropolitana, ho le lacrime agli occhi, melanconia fisiologica che si affaccia nei momenti di transizione. Il cellulare, squillando, mi infastidisce:
- Pronto?
 L’interlocutore tituba per il tono seccato:
- Sono Adrien.
- Ho un tuffo al cuore e mi addolcisco:
- Ciao.
- Ho saputo del professore e vorrei andare a trovarlo in ospedale…
- Purtroppo mio marito non è in grado in questo momento, spero non ti suoni come un’offesa.
- Capisco.
- Dopo un attimo di esitazione:
- Alle cinque c’è la presentazione del saggio sui libertini… se tu vuoi …
Mi stupisco dell’invito: la storia e la filosofia sono le materie che Charles insegna, Adrien ha pubblicato una ricerca, ma può interessargli? Infatti, non mi risponde. Io scrivo di cultura su un settimanale femminile, non mi perdo un’anteprima cinematografica, un vernissage, un teatro, eppure l’impulso di coinvolgere questo ragazzino mi é uscito di bocca come un’interferenza in una trasmissione radio. Quando arrivo alla libreria, la conferenza é iniziata, tiro fuori taccuino e penna: mi affascina il diciottesimo secolo, sensuale, insanguinato e simile, malgrado tutto, al presente. Prendo appunti, quando una mano mi preme la spalla, voltandomi vedo, non senza sorpresa, il mio giovane “sangue dal naso” e gli sorrido. E’ come se l’aria intorno ora avesse una vibrazione diversa, seduto dietro, intuisco il suo respiro, il mio cuore batte, mi ronzano le orecchie, non riesco a porre alcuna domanda, io che sono abituata a farle. A un tratto Adrien chiede all’autore:
- E’ vero che madame du Deffand a settant’anni si è innamorata di un ragazzo di diciannove?
Curioso che fra le tante questioni sia proprio caduto su quella, mi suona stranamente impudica, quasi violi un’intimità nella quale, in fondo, non amo riconoscermi. Il saggista racconta della nobildonna e lui lo incalza, Adrien é sorprendentemente colto e intelligente per i suoi ventitré anni, età che ho saputo da Charles.
A presentazione finita usciamo, fuori piove e non abbiamo ombrello.
- Io prendo il metrò a Hotel de Ville, da che parte vai? - gli chiedo
- L’accompagno. Torna al giornale?
- Vado a casa. Ti offro un the, se vuoi.
In metropolitana sediamo uno di fronte all’altro. Guardo il suo ciuffo corvino, i lineamenti delicati, gli occhi grandi, il corpo dinoccolato: il classico maschio con il quale, se fossi sua coetanea, vorrei fare coppia. Da ragazzina adoravo rock star e attori con quel tipo di fisicità, anche mio marito é un uomo alto e longilineo. Adrien mi sembra bellissimo. Ma sarà vero o mi pare?

Aprendo la porta di casa rifletto su quanto è strano esserci ritrovati nel giro di quindici giorni. Corinne, la mia amica psicoanalista, direbbe che nulla succede per caso, che quando due persone si incrociano è perché si cercano, ma io non riesco a trovare spiegazione a questa amicizia nascente. Servo il the. Sediamo sul divano. Lo guardo e vorrei affondare la mia bocca nella sua, saltargli addosso. Invece dico semplicemente.
- Da che parte abiti?
- Vicino l’università.
- Con chi?
- Divido un appartamento con altri tre studenti.
- Imbarazzata oso:
- Hai una ragazza?
- Si.
Ci rimango male e mi do della cretina. Perché mai uno così giovane e carino dovrebbe essere solo?
- Sei innamorato della tua fidanzata?
- Si.
- Ci vai d’accordo?
- Si.
- M’innervosisco.
- Dici sempre si?
Adrien scoppia in una risata:
- E che devo dire?
Ha ragione, in preda all’emozione divento imbecille. Mi chiedo perché sia venuto alla presentazione del libro, sapendo bene che uno studente modello ama queste cose. Lui mi soppesa con lo sguardo e io arrossisco.

I più grandi seduttori del diciottesimo secolo vivevano soli – dice Adrien – capita anche oggi…
I libertini spesso facevano una brutta fine: Casanova è stato rinchiuso ai Piombi e anche il marchese de Sade è andato in galera per colpa di sua suocera che non lo sopportava…
- Questo conferma la scelta di non mettere su famiglia.
Mi scappa un sorriso che presto, al pensiero di mio marito, si spegne. Non oserò mettere le mani addosso ad un allievo di Charles, del resto non l’ho fatto con nessuno, sono una donna timida, ma, per fortuna, non ho avuto mai bisogno di prendere l’iniziativa. Non che io sia una bellezza, però qualcosa deve esserci in me che attira un uomo se, anche adesso che non sono più una ragazza, mi accorgo degli sguardi maschili persino quando vado al supermercato senza trucco. La conversazione è l’unica seduzione che io e Adrien ci permettiamo, indugiare nel raccontarci le peripezie erotiche della Parigi del secolo diciottesimo significa avere un inconscio bisogno di fondere i nostri corpi. Almeno io senz’altro, di Adrien non saprei dire. Certo portarsi a letto la moglie del professore che più lo ama credo sia un tabù anche per lui.

L’attrazione all’inizio è legata al caso, alla situazione del momento, può nascere o morire per un’inezia. Per quanto io lo desideri, se Adrien non farà il primo passo il mio amore resterà platonico: mi faccio dare ancora del lei, non mi permetto di abbattere alcuna distanza. Il fuoco del mio desiderio è soffocato dal mantello delle inibizioni, anche se guardando le sue labbra  non riesco più a seguirlo, perché non mi basta questa conversazione intellettuale, anelo al corpo, alla fusione totale. Vorrei essere folle come una grande libertina, nella Parigi dell’ancien regime, quando gli incesti tra padre e figlia erano all’ordine del giorno e i ministri del re andavano a letto con le sorelle, vorrei percorrere il suo orecchio e il collo con la mia lingua, aprirgli la camicia, slacciargli i jeans, farmi inchiodare a letto, perduta come Maddalena. (continua).

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